Time out – Una strategia educativa

Time out! Alzi la mano chi non ha mai dato una punizione al proprio figlio!

Credo che non ce ne sia nessuna. E’ inevitabile: i bambini non si comportano in modo corretto e noi li puniamo. Disubbidiscono, fanno i dispetti, dicono parolacce, raccontano bugie, prendono note a scuola, non fanno i compiti… insomma, la casistica dei comportamenti che ci fanno arrabbiare è ampia.

La prima tentazione che abbiamo è quella togliere loro qualcosa: non vai a giocare dall’amichetto, non guardi la TV, non giochi ai videogiochi e via discorrendo.

La punizione, in questi termini, ci viene istintiva e dopo un po’, a forza di togliere, ai bambini rimane solo più l’aria per respirare, ma i loro comportamenti non cambiano.

Spesso e volentieri, poi, siamo così arrabbiati che la punizione che assegniamo d’istinto è esagerata! “Ti tolgo i cartoni per un mese” ” non ti faccio giocare ai videogiochi fino alla fine dell’anno scolastico” e poi? Un mese senza TV diventa eterno, quindi, se il comportamento migliora viene concesso uno sconto di pena e dal mese si passa alla settimana. Non è una novità, finiamo per cedere ai loro occhioni, alle loro promesse e non siamo più credibili.

I bambini, che sono tutt’altro che stupidi, lo sanno e se ne approfittano.

Un’altra strategia, che ho appreso durante il parent training a cui ho partecipato tramite l’A.I.F.A., è quella del time out, della sospensione. Il termine è preso in prestito dal mondo dello sport dove l’allenatore, quando i giocatori non rispondono in modo adeguato agli attacchi degli avversari, può chiedere tempo, il time out appunto, per dare consiglio e spronare gli atleti.

Una cosa simile possiamo applicarla a casa: quando un bambino continua a comportarsi male in modo ripetitivo (picchia il fratellino o continua a fare i dispetti), dopo averlo richiamato più volte si può attuare la strategia del time out interrompendo il comportamento negativo reiterato del bambino.

Cosa prevede questa strategia? Bisogna far sedere il bambino su una sedia. Lui deve stare in silenzio, non fare nulla e rimanere in quella posizione per alcuni minuti (quanti? uno in meno dell’età del bambino).  In questo modo si interrompe la condotta negativa e il bambino ha modo di “riflettere” e calmarsi.

Il bambino non deve alzarsi per tutto il tempo stabilito. Se si alza, reagisce in modo aggressivo o comunque non vuole stare seduto tranquillo si riprende a contare il tempo da zero. Se continua a non funzionare si utilizza come punizione quella di togliere qualcosa.

Il genitore deve avere l’assoluto controllo della situazione e del tempo.

Ci vuole tanta tenacia, pazienza e amore.

Io, personalmente, non sono mai riuscita ad applicarla. Mi sarebbe piaciuto sperimentarla per le crisi di rabbia: per dargli il modo e il tempo di calmarsi e riflettere sulla causa scatenante dell’episodio, ma il problema è che raramente si arrabbiava a casa.

Fuori casa, per noi, era impossibile da attuare, così, fin’ora non l’ho mai applicata. Non posso quindi parlarne in prima persona, ma  ma sarei interessata a sapere se voi usate il time out e in che maniera!

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