Intervista ad Amedea Pedrabissi: mamma in trincea – Parte I

Amedea è una mamma come tutte noi. E’ la mamma di Gabriele, un ragazzo che ormai è già maggiorenne, come lo diventeranno i nostri. 

Avevo posto ad Amedea alcune domande sulla permanenza di suo figlio alla scuola dell’obbligo, su cosa fa il ragazzo in questo momento, dove viene seguito ora che è maggiorenne (la n.p.i. non segue i ragazzi che hanno più di 18 anni), quali strutture o associazioni aiutano i ragazzi con difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro.

In realtà Amedea, ha risposto con un lungo monologo che non ho voluto interrompere. L’ho però diviso in due parti per comodità di lettura. Oggi ascolteremo le difficoltà incontrate fino a quando Gabriele era minorenne, domani dalla maggiore età ad oggi che ha 23 anni. Vi lascio alla lettura.

L’intervista

Amedea Pedravissi Mi chiamo Amedea Pedrabissi e sono la mamma di Gabriele, un ragazzo che tra poco compirà 23 anni, adottato all’età di 3 anni.

La diagnosi di Gabriele è la seguente Disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività con presentazione Combinata (ADHD-C).  Il quadro clinico è inoltre compromesso da un disturbo dell’umore di tipo bipolare.

Questo è quanto vi è scritto nell’ultima e recentissima valutazione fatta dalla psichiatria di Pisa, dove Gabriele è attualmente seguito,  ma di fatto ripete, per quanto riguarda la diagnosi di ADHD, la precedente valutazione del 2011 redatta però dalla neuropsichiatria infantile di Pisa (Fondazione Stella Maris– Dott. Masi) Il disturbo bipolare, invece, si è manifestato nel 2015.

La diagnosi di ADHD è arrivata nel 2011 ma le visite di Gabriele presso la neuropsichiatria di Pisa erano cominciate già nel 2006 quando gli era stata diagnosticata una difficoltà di apprendimento accompagnata da una grande componente ansiosa.

Le difficoltà di Gabriele sono emerse subito, non appena è cominciato il percorso scolastico, percorso che con grande fatica sono riuscita a far ritardare di un anno.

Grazie a delle insegnanti molto brave, preparate e comprensive il ciclo delle scuole elementari è andato abbastanza bene anche se a casa non è mai mancato il mio costante aiuto e quello di una ragazza preparata che mi ha affiancata dovendo io lavorare.

All’epoca Gabriele aveva difficoltà un po’ su tutto: lettura, scrittura, tabelline, memoria, comprensione, ecc. ecc.. Soprattutto verbalizzava molto male senza alcuna sintassi tanto che temevo non sarebbe mai riuscito ad affrontare e superare le scuole medie.

Poiché si erano manifestate tutte queste difficoltà era, ovviamente, seguito da diversi specialisti:

  • una psicologa, con la quale avevamo iniziato un percorso non appena si erano manifestate le prime difficoltà sul linguaggio
  • una logopedista e
  • una psicomotricista.

Tutte queste figure ci erano state consigliate in quanto Gabriele era stato abbandonato alla nascita e adottato all’età di tre anni. Proveniva da un istituto bulgaro dove ben poco si faceva per queste piccole creature: pensate che a tre anni il bambino si nutriva ancora con il biberon e non conosceva alcun tipo di gioco.

Nella speranza di proteggerlo e per permettermi di lavorare, io e il padre di Gabriele (ora siamo separati) quando dovemmo iscriverlo alle scuole medie facemmo l’errore di iscriverlo in un istituto privato. Quello è stato il periodo scolastico peggiore di Gabriele: all’epoca lui non aveva ancora una vera e propria diagnosi, ma solo una valutazione clinica dalla quale si evinceva la presenza di difficoltà di apprendimento con una lettera accompagnatoria che spiegava che tali difficoltà erano assolutamente indipendenti dalla volontà  del soggetto e che  necessitavano di attività specifiche che dovevano favorire l’acquisizione delle nozioni.

Forti di ciò pensavamo di ottenere per nostro figlio quei famosi strumenti dispensativi e compensativi che lo avrebbero aiutato nelle attività scolastiche, ovviamente nulla di tutto ciò fu fatto ma anzi, al contrario, Gabriele, fu bersagliato da note, rimproveri e quant’altro. Gli insegnanti erano assolutamente impreparati sull’argomento e ostili nei nostri confronti. Devo precisare che tutto questo avveniva a Ventimiglia, dove risiedevamo in quegli anni.

Anche i nuovi compagni di Gabriele si rivelarono un disastro: lo lasciavano in disparte e a volte lo deridevano per le sue difficoltà o le sue intemperanze. In quel periodo le difficoltà di Gabriele erano sempre più evidenti in quanto le richieste erano alte mentre erano scarse le sue competenze aumentando la sua ansia prestazionale e in maniera proporzionale scendeva la sua autostima.

Lo salvò da tutto questo una sua dote che da sempre lui possiede e che proprio all’inizio delle medie, per un caso fortuito, lo portò a far parte per tre anni del coro delle voci bianche del Teatro Carlo Felice di Genova. Lui ama il canto lirico, ha una bella voce, sin da piccolo suona il pianoforte e grazie a questo impegno che lo ha fatto sentire in qualche modo importante, capace di fare qualcosa è riuscito a sollevare il livello della sua autostima e a superare anche l’ostacolo scuole medie.

Ovviamente io gli sono sempre stata accanto, in modo assai più impegnativo di quanto non avessi fatto alle elementari e poiché lavoravo in ufficio con mio marito. Il lavoro che non riuscivo a fare di giorno lo facevo di notte. Sono stati anni molto duri, i primi di una lunga serie che mi hanno poi portato anche a perderlo il lavoro per poter seguire Gabriele adeguatamente.

Finite le medie finalmente arrivò, sempre dalla neuropsichiatria di Pisa, la diagnosi di ADHD e contemporaneamente l’USL imperiese valutava Gabriele e certificava un deficit cognitivo che ci ha permesso di usufruire di sostegno per un totale di 8-9 ore per tutti gli anni seguenti di studio.

A quel punto si doveva scegliere quali studi Gabriele poteva intraprendere e poiché permanevano, anche se più controllate, tutte le sue difficoltà, la scelta non era facile.

Ci venne in aiuto la sua passione per il canto lirico e la musica: il fatto che nella relativamente vicina Cuneo esisteva ormai da dieci anni in forma sperimentale un liceo musicale e un Conservatorio  oltre al non trascurabile fatto che lavorando in proprio, potevo spostarmi con mio figlio da Ventimiglia, cominciò l’avventura del Liceo Musicale, abbastanza sostenibile nei primi due anni durissima dal terzo in avanti a causa, ovviamente, della crescente difficoltà delle richieste.

Appena diagnosticato l’ADHD la neuropsichiatria di Pisa lo rimanda per la necessaria valutazione al centro di neuropsichiatria infantile di competenza a Savigliano dalla Dottoressa Ragazzo. A partire da quel momento Gabriele comincia ad assumere il farmaco specifico (il Ritalin) con ottimi risultati e il tutto procede abbastanza bene, sempre con il mio grandissimo aiuto e quello di una figura specializzata in queste mansioni che mi da una mano

All’inizio del quarto anno la neuropschiatria di  Savigliano mi cambia il farmaco che però non produce su Gabriele gli effetti sperati tanto che non raggiunge la capacità di concentrazione minima per affrontare adeguatamente lo studio.

Gabriele intanto peggiora, arriviamo al quinto anno, l’anno della maturità. Io nel frattempo mi sono separata e ho trovato un lavoro, un buon lavoro che però mi tiene fuori casa tutto il giorno. Lascio il compito di seguire Gabriele nelle attività scolastiche a quella figura specializzata di cui parlavo prima, già nota dall’anno precedente a Gabriele.

Questo non solo perché lavoravo ma anche per seguire il consiglio dello psicologo che in quel momento lo seguiva:  io ormai dovevo fare solo la mamma e non confondere più il ruolo di mamma con quello di insegnante privata, perché ci stavamo stressando a vicenda.

Resta il fatto però, che in quel periodo Gabriele giorno dopo giorno peggiora: non riesce a studiare, si assenta per molte ore da casa, non dà notizie di sé, stacca il cellulare, trascura la sua igiene personale, a volte resta ore sdraiato sul letto a fare nulla e quando esce frequenta compagnie sbagliate. Insomma, quella che era l’iperattività infantile si è tramutata in una irrequietezza interiore: ne combina di ogni, io, ovviamente, perdo il lavoro e lui rischia di non poter sostenere la maturità.

Torniamo di corsa a Pisa e gli viene diagnosticato il disturbo dell’umore di tipo bipolare, curato immediatamente con i farmaci adeguati tanto che riesce a recuperare e a sostenere l’esame di maturità e a dare in sessione speciale l’esame di ammissione al Conservatorio.

Tengo a precisare che tutti gli anni del liceo sono stati duri, mi hanno sempre vista coinvolta in prima linea sia come aiuto nello studio che come presenza all’interno dell’istituto per far sempre presenti i diritti di Gabriele. Io potevo farlo, ribadisco, perché all’epoca lavoravo  in proprio.

E’ chiaro che una mamma che deve lavorare alle dipendenze di qualcuno non riuscirà mai a seguire il figlio in questo modo.

Infatti, non appena ho lavorato alle dipendenze altri il lavoro l’ho perso a causa delle assenze improvvise o delle troppe telefonate ricevute in ufficio e così via. Questo nonostante Gabriele abbia frequentato un istituto, il Liceo Musicale Ego Bianchi,  molto inclusivo, con insegnanti, tranne alcune eccezioni, preparati.

Gabriele ha avuto soprattutto una  grandissima fortuna, quella di essere stato accompagnato per tutti i cinque anni del Liceo da un insegnante di sostegno eccezionale, una presenza discreta ma rassicurante, che lavorava per lui anche di domenica, che l’ha preso sotto la sua ala come un padre dal primo giorno di scuola sino all’ultimo, che si è battuto per i suoi diritti anche davanti alla dirigente scolastica. Inoltre è stato un vero e proprio sostegno per la classe e non solo per Gabriele. Se quello che ho raccontato sino adesso è pesante ciò che è avvenuto dopo è stato un calvario che continua ancora oggi.

L’intervista prosegue domani. Cosa succede ai ragazzi ADHD quando raggiungono la maggiore età?