Come spiegare a tuo figlio le sue difficoltà scolastiche

Quando  i bambini iniziano ad andare alla primaria, cominciano a confrontarsi con i coetanei. Iniziano le prime amicizie, lo stare insieme non solo in ambito scolastico, ma anche sportivo e sociale.

Ecco che le difficoltà, che alla materna erano inesistenti o più facili da gestire, ora prendono il sopravvento. Nella mia esperienza, il primo anno della primaria è stato proprio come attraversare un confine tra un mondo ovattato e la realtà.

bimbi in aula

I primi due anni della scuola elementare sono molto delicati: il bambino comincia a costruire la propria identità, ad assegnare alle proprie qualità e caratteristiche un valore positivo o negativo.

Un bimbo che, nel confronto con i coetanei, ritiene di uscirne perdente, perde la stima che ha di sé stesso e pensa che anche le persone che sono intorno a lui: coetanei, maestra, allenatore fino agli stessi genitori pensino lui che non valga molto.

In questo senso noi genitori giochiamo un ruolo fondamentale.

Quali messaggi far passare

Esattamente come quando si deve spiegare ai propri figli, perché gli altri bambini abbiano caratteristiche diverse da loro, nello stesso modo è necessario che i bambini interiorizzino alcune certezze ne abbiano ben coscienza.

difficoltà di apprendimento

Ma i primi a dover interiorizzare qualcosa siamo proprio noi genitori: si fa in fretta a pensare che ogni aspetto di un bambino: comportamento, abilità sociali, motivazione, atteggiamento dipenda dal suo avere difficoltà rispetto agli altri

Quello che dobbiamo fare è vedere la difficoltà per quello che è,  considerarlo nella giusta prospettiva e cercare di lavorare e costruire sui punti di forza.

Non sei sbagliato.  La difficoltà di apprendimento o di attenzione è solo una parte di lui. Ha qualche difficoltà a leggere? I numeri sono dei simpatici segni su un foglio? Non riesce a stare attento o parla male? Questi sono impedimenti, ma con uno sforzo e il giusto tipo di aiuto, si può imparare a leggere (o a contare) bene. Avere delle difficoltà rende imparare più difficile, ma non impossibile. Le difficoltà possono essere gestite.  Si devono fissare obiettivi raggiungibili e in grado di aiutare il bambino e misurare i progressi, anche se solo in piccoli passi.

Le tue difficoltà non sono te. Non sono gli ostacoli quelli che raccontano chi è lui, chi è veramente, al contrario sono il suo impegno, i suoi successi e i suoi interessi a contare molto di più. Indicagli i suoi punti di forza e lodalo per quelli (lodi sincere, mi raccomando!) e fai esempi di artisti, imprenditori o atleti che sono riusciti nonostante i problemi. Le difficoltà non devono impedire alle persone di avere successo. Trova libri e film con protagonisti in cui possa immedesimarsi.

Non sei stupido. Aiutalo a capire che, semplicemente, ha dei tempi e dei modi di imparare diversi dallo standard. Per riuscire come gli altri ha bisogno di un aiuto in più in classe, di verifiche divise in pezzi o con un esercizio in meno. Di dover utilizzare un pc, di qualcuno che legga per lui o di una calcolatrice. Questi strumenti lo mettono nelle stesse condizioni dei coetanei in modo che siano tutti alla pari e le insegnanti possano valutare correttamente tutti.

Non nasconderti. Non c’è niente di cui vergognarsi. Piuttosto che concentrarsi e preoccuparsi solo di quello che non si riesce a fare come gli altri, è molto meglio vedere le difficoltà come sfide e non come frustrazioni. I bambini devono sentirsi liberi di parlare delle cose che non funzionano sia a casa che con gli insegnati perché tutti abbiamo difficoltà più o meno importanti, ma questo non fa di noi delle persone sbagliate o inadeguate.

Parlami e fammi domande. La comunicazione della diagnosi, a mio parere, dev’essere fatta da un medico. E’ lui che ha le competenze necessarie per spiegare al bambino, nei giusti termini, le conseguenze della diagnosi stessa . Dopo quel momento, però, tuo figlio potrebbe avere altre cose da chiedere, avere ansie e paure. Spingilo a parlartene perché possa chiarirsi i dubbi. È importante essere onesti e chiari: i bambini non sono stupidi e non è nascondendo le informazioni che si fa il loro bene.  Ascolta le sue domande, le sue preoccupazioni e rispondi in modo onesto ma rassicurante.

Non basta spiegare una volta, bisogna veramente che il bambino acquisisca le certezza che essere diverso da quello che consideriamo standard non sia una debolezza, ma una caratteristica specifica con la quale deve confrontarsi tutti i giorni. A volte sarà un’ostacolo, altre uno scalino su cui salire per raggiungere la realizzazione.